- mercoledì 15 Gennaio, 2025

Le incognite politiche (Ucraina, Medio Oriente, Siria) permangono tali anche se recentemente sono emersi segnali di concreti tentativi di pace, soprattutto per quanto concerne i negoziati in corso tra Israele e Hamas.

 

Il 2025, infatti, potrebbe essere caratterizzato dalla ricerca di nuovi equilibri internazionali con valutazioni in corso in merito al ruolo che potrebbe acquisire l’Unione Europea a fronte di un possibile scontro economico USA-CINA. Per la UE, i pilastri di sviluppo sono da tempo energia, difesa, innovazione tecnologica oltre all’accettazione della consapevolezza che a fronte dei mercati finanziari giganteschi che si affronteranno a livello mondiale (USA-CINA) l’unica possibilità di autonomia è data da un’Unione forte e coesa.

 

Probabilmente Trump potrebbe cercare di approcciare singolarmente i paesi NATO, proprio per minare la coesione europea e questa possibilità rappresenterà un punto di attenzione molto importante nell’anno a venire, anche perché le prossime votazioni, ad esempio in Germania, potrebbero creare ulteriori tumulti politici dopo quelli già emersi prima in Spagna e poi in Francia.

 

Anche le recenti dichiarazioni di Trump su Canada e Groenlandia (il tycoon avrebbe espresso il desiderio di annettere i due paesi utilizzando la forza, ove necessario) sembrerebbero rientrare più in un contesto di propaganda che in un reale desiderio espansionistico, che peraltro violerebbe il diritto internazionale, ma potrebbero comunque essere sufficienti a destabilizzare il quadro internazionale, se reiterate.

 

L’India appare sempre più forte ed in crescita (+ 6% il PIL) con un’economia molto dinamica e rappresenta ora un effettivo competitor regionale della Cina, ormai con una dimensione consolidata a livello internazionale tenuto conto che la Borsa indiana ha volumi addirittura maggiori rispetto a quelli di Europa e Stati Uniti, oltre ad un significativo numero di IPO nel 2024 a testimonianza dell’interesse crescente dei risparmiatori.

 

Sul piano monetario, la FED avrebbe annunciato due soli tagli nel 2025 (meno rispetto a quanto precedentemente previsto), mentre la BCE ha previsto di dar seguito al percorso intrapreso, con quattro tagli previsti entro l’anno, e ciò potrebbe costituire un possibile ulteriore divaricamento del costo del denaro tra Stati Uniti ed Unione Europea. Uno dei motivi principali di tale variazione di strategia è rappresentato dal fatto che l’economia americana appare in forte crescita, mentre quella europea risulta ancora poco reattiva.

 

Nel 2025 potremo valutare le prime applicazioni dell’intelligenza artificiali nei vari settori economici e sociali che si dovrebbero poi sviluppare in modo significativo nel 2026. Anche questo cambio di paradigma tecnologico presenta delle incognite correlate all’effettiva incidenza sulle filiere produttive in termini di risultati, agli effetti reali in termini occupazionali ed in definitiva anche di reale governabilità di tale tecnologia.

1. Mercati finanziari

La necessità di creare un contesto europeo coeso è in parte favorita dall’apertura anche dei paesi del Nord Europa all’emissione di eurobond e dall’incremento dei budget per la difesa: di fatto, si tratta proprio dei principali punti del piano Draghi per il rilancio dell’Unione Europea, che prevedrebbe una spesa pubblica complessiva di circa 800 miliardi annui. Per raggiungere questi obiettivi sarà necessario conseguire l’Unione Bancaria, l’Unione dei Mercati, una soluzione univoca per le banche in crisi e l’assicurazione europea sui depositi. Tutte soluzioni non facili da trovare.

 

I mercati americani hanno ora quotazioni azionarie che presentano multipli molto elevati ma comunque ancora proporzionati agli utili aziendali che sono in forte crescita sostanzialmente in tutti i settori. Ovviamente, in un contesto delicato come quello attuale, potrebbe bastare una trimestrale negativa o non conforme alle aspettative per modificare il quadro generale ed innescare un trend delle quotazioni riflessivo o in riduzione.

 

Anche se nelle ultime due settimane i bond si sono deprezzati (specialmente quelli americani ed inglesi), con incremento dei rendimenti, le banche centrali proseguiranno le politiche avviate, BCE su tutte, la quale tenderà ad arrivare nel corso del 2025 ad un tasso del 1,5-2% circa, mentre per la FED il prosieguo nel ribasso dei tassi non appare scontato soprattutto se l’economia reale dovesse continuare a presentare indici solidi.

 

In questo scenario per eventuali operazioni in Titoli di Stato andrebbero preferite le scadenze a 3-7 anni rispetto a quelle di più lungo termine, che potrebbero presentare delle incognite correlate a possibili variazioni di tassazione.

 

Per quanto riguarda i settori economici più interessanti si evidenziano certamente quello delle infrastrutture e dell’energia rinnovabile, entrambi soggetti alle integrazioni previste da AI, la difesa, le materie prime (petrolio, oro e rame su tutti).

 

In Italia l’inflazione si è portata al 1,3% su base annua con crescita media nel 2024 del 1%, elementi positivi che si aggiungono al fatto che la discesa dello spread porta benefici crescenti sulla spesa pubblica per interessi che dovrebbero risultare significativamente inferiori alle previsioni dell’ultimo trimestre del 2024.

 

Ovviamente tali elementi positivi avranno un impatto significativo se sul piano della produttività l’economia italiana risulterà nei prossimi mesi attiva ed in crescita con positivi e crescenti risultati sul PIL.

2. Principali indici

I mercati europei risultano in crescita e risultano ormai vicini ai massimi, mentre i mercati americani hanno ritracciato nelle prime due settimane del nuovo anno.

 

Il Nikkei è risultato leggermente cedente mentre i mercati orientali hanno avviato un trend di recupero dopo l’evidente debolezza dimostrata nell’ultimo periodo.

3. Valute

Il dollaro e le altre valute dell’area si sono rivalutate nei confronti dell’euro nell’ultimo mese, il peso messicano si è mosso lateralmente mentre il rand sudafricano si è leggermente deprezzato.

In via preliminare, è opportuno segnalare che, con i dati dell’ultima settimana, di fatto le attuali quotazioni hanno quasi integralmente cancellato il rally correlato all’elezione di Trump ed il dollaro si trova pressoché sui massimi del 2022.